L’enologo:come diventarlo,cosa fa e quanto guadagna

“La morbida nota che suona stappando un tappo invecchiato, fa l’esatto rumore di un uomo che apre il suo cuore” Wlliam Samuel Benwel

E se non è poesia questa… tante cose si sono dette e si dicono tutt’oggi sulle proprietà benefiche del vino, sulla sua magia, sulla sua capacità di creare comunanza e convivialità tra persone, anche se pochi minuti prima semi sconosciute…

Ma non si parla mai abbastanza di come nasce e come si produce questa bevanda, dalle proprietà organolettiche (in alcuni casi) a dir poco spaziali. Cosa si nasconde dietro mesi e mesi di lavoro, di studio, di strategie per ottenere il miglior risultato, anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia?

Già, in questi caldi giorni di fine Agosto in Italia, come in altri paesi del mondo, è tempo di raccogliere i frutti della terra ed iniziarne la lavorazione, con processi che porteranno (con tanta speranza e molta pazienza) al prodotto finale, una buona bottiglia di vino da stappare insieme alle persone per noi speciali.

Quando ci capita di assaggiare un buon vino, è pressoché normale complimentarsi con l’uvaggio in primis e con il produttore subito dopo. Ma una figura su tutte, che dovremmo più spesso ringraziare e che per misteriose ragioni  rimane sempre un po’ nascosta, è quella dell’Enologo. Se siete curiosi di saperne un po’ di più, proseguite insieme a me con la lettura.

Chi è l’enologo?

enologo

Per dirlo in termini semplici, (pane al pane, vino al vino) l’enologo è la persona che cura l’intera regia della produzione, dalla raccolta dell’uva fino all’imbottigliamento del prodotto finale. È colui (principalmente si tratta di uomini) che segue e assiste il vino in ogni sua fase, assicurandosi che tutto si svolga nella maniera corretta, anche e soprattutto secondo le procedure igienico sanitarie richieste.

È la figura, possiamo dirlo, centrale del lavoro di trasformazione del vino, senza nulla togliere ai produttori, sia chiaro. Ha tra l’altro una grossa responsabilità sulle spalle, il che rende il suo lavoro sicuramente affascinante ma, francamente, non per tutti.

Per definirlo invece in termini più  tecnici, l’enologo è uno specialista nella scienza della vinificazione, nota anche come enologia.

Scienza della vinificazione, enologia, cioè?

  • Enologia: scienza che studia le fasi di passaggio dall’uva verso la sua trasformazione in vino. Si tratta di processi che l’enologo in questione ha il dovere di gestire con fermezza e rigore, in nome di norme igieniche ancor più rigide di lui.
  • Scienza della vinificazione: la vinificazione è il processo biochimico di trasformazione dell’uva in vino e del suo affinamento (per i pochi ignari, il periodo di gestazione definito “affinamento”sui lieviti).

La scienza della vinificazione è quindi quella disciplina che ne studia le varie fasi.

Per farla breve mentre l’enologia agisce su uno studio ad ampio respiro, la scienza della vinificazione rimane su livelli biochimici, più specifici e settoriali.

Cosa fa l’enologo?

raisin

        Riassumere in poche parole il mestiere dell’enologo non è cosa semplice perché, come abbiamo visto, a lui spettano controllo e sovrintendenza di praticamente tutte le fasi della vinificazione dell’uva.

        E questo partendo dalla raccolta delle uve, quindi dalla vendemmia, anche se i più informati mi confermeranno che l’enologo entra in gioco già dalla vendemmia, solo se lavora presso aziende di piccole-medie dimensioni, mentre salta un giro se si trova a collaborare presso aziende vinicole più grandi.

        Per alcune aziende invece, indipendentemente dalle medie o grandi dimensioni, il fatto di avere l’enologo di fiducia al proprio fianco rappresenta un rito di buon auspicio per il risultato finale, un po’ come tenere stretto a sé un amuleto o lo scaccia-sogni di notte.

        Una volta superata la fase di raccolta dell’uva, si passa ai livelli successivi di trasformazione del solido in liquido e qui, l’enologo sfoggia tra le sue carte vincenti, una ferrata preparazione in termini di chimica e biologia: la figura infatti è esperta di tutto ciò che si cela dietro principi scientifici che dettano legge nella produzione del vino, anche quando si desideri sviluppare vini pregiati o migliorare ulteriormente prodotti già ben avviati e apprezzati.

        L’enologo qui si gioca un’altra carta importante: preparazione e profonda conoscenza del mercato, delle realtà circostanti, dei prodotti concorrenti e dei sottili equilibri tra domanda degli acquirenti e offerta dei produttori.

        Secondo questo punto di vista la figura deve essere anche un abile comunicatore, che sa mettere in risalto sia il prodotto finale, sia il duro lavoro di produttore e lavoratore della vigna.

        Alle competenze comunicative e di marketing poi, vanno aggiunte quelle prettamente tecniche, in quanto la sua preparazione interviene anche sulla gestione dei macchinari impiegati per la vinificazione: è sua responsabilità (tra le tante) la cura e la manutenzione di questi.

        Non siete ancora convinti? Oltre alle responsabilità tecniche, scientifiche e comunicative, l’enologo va incontro a quelle forse più spinose: le responsabilità igienico sanitarie, specialmente quando si parla di conservazione a norma, del prodotto finale.

        Norme che sottostanno a specifiche leggi, che il nostro professionista conosce molto bene e se ne guarda bene dall’infrangerle. La posta in gioco è davvero troppo alta!

        Completano il profilo del buon candidato le competenze in termini di vendite e distribuzione del prodotto finale e come abbiamo imparato in questi mesi insieme, un costante aggiornamento su tutte le nuove norme, tutte le nuove tendenze e così via.

Come si diventa enologo?

l’enologo

A differenza degli ultimi casi affrontati, a questo proposito, diventare enologi ha regole ben precise: c’è davvero una via maestra da seguire e questo una volta tanto, lo ammetto, fa piacere.

La ricetta è la seguente: dopo aver ottenuto il diploma della scuola superiore, ci si può iscrivere ad un preciso corso di laurea chiamato Enologia e Viticultura, presente nella facoltà di Agraria. Successivamente alla laurea triennale è possibile proseguire con una laurea specialistica scegliendo Enologia, Viticoltura e Mercati vitivinicoli; in alternativa, si possono scegliere diversi corsi di aggiornamento proposti dalle associazioni che operano nel settore.

Dopo una lezioncina sull’importanza del titolo di studi conseguito è bene precisare che il restante 50% di quel che conta nel mestiere dell’enologo e nella sua formazione è, ancora una volta la pratica, la tanta pratica sul campo, magari con una sana gavetta presso aziende di piccole dimensioni.

Quanto guadagna un enologo?

Discorso trito e ritrito, quando si parla di retribuzione si finisce sempre col parlare di esperienza maturata sul campo ed azienda erogatrice /ente erogatore della propria mansione.

In ogni caso, in Italia, lo stipendio di un enologo si avvicina ai 16.000 euro annui, con una retribuzione mensile di circa 1.400 euro. Anche qui, se parliamo di mastro enologi super qualificati, si possono superare tranquillamente i tetti di 60.000 euro all’anno e i corrispondenti 5.000 euro mensili.

A dispetto dell’andazzo generale della situazione italiana negli ultimi tempi, è giusto chiarire (nel caso non fosse lampante) che nel nostro Paese questo è uno di quei settori che funge da traino all’economia, insieme a moda e lifestyle. L’industria enologica quindi riserva molte belle sorprese per chi si sentisse pronto ad avvicinarsi al settore.

Donne Enologhe: poche ma buone

Su 4300 soci di Assoenologi(associazione di categoria, che comprende sia enologi che enotecnici), le donne arrivano a costituirne il 6,5%; anche se la cifra per il momento sembra appena far capolino, sono sempre più le signore che entrano a far parte del mestiere: che questo avvenga sotto il nome di enologhe o di enologi donne poco importa.

E a quegli sciocchi che le incalzano con la tipica frase “questo non è un lavoro per dame di corte” loro rispondono semplicemente rimboccandosi le maniche e facendo il loro lavoro con la massima serietà e serenità.

Ma davvero è così difficile sfondare il muro della parità lavorativa, anche nei settori economici più in crescita?

I numeri di Assoenologi evidenziano un’Italia ancora marcatamente maschile: abbiamo detto su 4300 soci, solo il 6,5% è donna; ma come sottolinea Giuseppe Martelli, direttore dell’associazione, andava peggio a inizio anni Novanta quando non ci si spostava di un millimetro da un misero 4%.

A chi chiede al direttore di Assoenologi cosa abbia spinto le donne a cercarsi più spazio nel settore, Martelli risponde che probabilmente è stato l’aver istituito l’omonimo corso di laurea nel 1991, con la legge 129/1991 e inoltre, prosegue, agli esordi l’enologo era semplicemente un tecnico e in quanto tale si inseriva in un contesto pensato più per gentlemen; il fatto di aver inserito un titolo di studi che lo qualificasse, lo ha reso una mansione meno limitante, con maggiori possibilità di lavorare in laboratorio, nel settore commerciale, in ambito accademico e anche in cantina.

Questa situazione di profondo avanzamento delle donne anche in carriere per molti inusuali è uguale per tutte le nostre regioni? Non proprio: al primo posto per l’impiego di enologhe o enologi donne spicca il Lazio con il 9% di affluenza, mentre all’ultimo posto ma comunque in cammino, troviamo la Sicilia, con un appena abbozzato 2%.

Per i tempi futuri, attendiamo con speranza che le quote rosa, da nord a sud, sboccino in tutta la loro forza e prorompenza.